Sostenibilità e parità di genere: come comunicare in modo autentico ed evitare il Pink Washing. In conversazione con Rossella Sobrero

Sostenibilita e parita di genere come comunicare in modo autentico ed evitare il pinkwashing

In occasione del 25 novembre abbiamo voluto riflettere su come comunicare in modo autentico quando parliamo di parità di genere.
Come raccontiamo in questo articolo, se è vero che ci occupiamo di sostenibilità nella sua declinazione ambientale, è altrettanto vero che non possiamo trascurare la sua componente sociale, e per questo desideriamo comprendere meglio come comunicare in modo coerente ed efficace, senza rischiare di cadere nel pinkwashing.

Abbiamo chiesto aiuto a Rossella Sobrero – presidente di Koinètica, esperta di comunicazione e di CSR (Corporate Social Responsibility) – che da anni si occupa dei tanti aspetti che una comunicazione realmente sostenibile deve abbracciare e coltivare.

Nell’articolo che segue, trovate le nostre riflessioni e il prezioso contributo di Rossella, che ringraziamo di cuore.

È il 25 novembre, il web e i social sono pieni di contenuti in difesa della donna, con riflessioni variegate su cosa sia la violenza, quali forme assuma, come uscirne. Spesso l’attenzione è posta sulla “vittima” e su quali strumenti dovrebbe acquisire per prevenire, riconoscere, difendersi. Molto meno va in direzione di chi la violenza di solito la agisce, nella stragrande maggioranza dei casi gli uomini.

Soprattutto tanta attenzione viene posta alla “punta dell’iceberg”, a quello che si vede (la violenza fisica, nelle sue varie forme, nei casi più gravi il femminicidio), ma pochissima attenzione viene portata a tutti quegli indicatori più sommersi, talvolta invisibili, così intrecciati al nostro quotidiano da sembrare “naturali”, che invece dovrebbero essere sollecitati e smascherati. È importante dunque riconoscere ciò che è meno visibile ma che contribuisce attivamente a costruire quella cultura patriarcale per cui la violenza sulle donne è resa possibile. Gli stereotipi che vorrebbero le ragazze dedite a studi per lo più umanistici o di cura fanno parte – a nostro avviso – di questi marcatori culturali.

Come ITS riflettiamo spesso sulle questioni legate alla parità di genere (ne parliamo anche qui, e non a caso abbiamo voluto ideare un logo dedicato #girlsforGREEN), per due motivi fondamentali: l’ITS (Istituto Tecnologico Superiore) per sua natura è un luogo di alta formazione e specializzazione impostato su tecnologia e innovazione, con contenuti altamente tecnici che spesso “allontanano” le ragazze, condizionate da stereotipi che le vorrebbero naturalmente portate per materie più umanistiche, rivolte alla relazione e alla cura; il “tecnico” ancora oggi sembra appannaggio del mondo maschile. 

L’altro motivo che ci spinge alla riflessione riguarda il nostro ambito di formazione: operiamo nell’area della sostenibilità, dell’energia, dell’ambiente; occupandoci di sostenibilità non possiamo trascurare quella che è la sua componente sociale.

La fascia di ragazzi e ragazze a cui ci rivolgiamo è quella dei giovani adulti, dai 19 ai 25 anni circa; non possiamo esimerci dal portare il nostro contributo affinché possano maturare come cittadini consapevoli e proattivi nell’ambito della sostenibilità a 360°

Da qualche tempo abbiamo deciso di occuparci più seriamente e concretamente di questo aspetto; in un’occasione dunque così delicata come quella del 25 novembre, in cui la comunicazione può facilmente cadere nel paternalismo e nel pinkwashing, ci siamo chieste quali siano i capisaldi di una comunicazione corretta, rispettosa e coerente.

Il nostro intento è quello senza dubbio di avvicinare le ragazze alla nostra realtà, scardinando eventuali stereotipi – se nei loro desideri c’è l’ambito scientifico e tecnologico – ma, a livello più ampio, portare un contributo di qualità nella riflessione sulla parità di genere.  

Abbiamo dunque riportato i nostri dubbi a Rossella Sobrero, esperta di comunicazione, chiedendole un aiuto nella nostra riflessione.

Rossella, quali sono secondo te i parametri da considerare per una comunicazione che vada davvero nella direzione di una riflessione seria sulle questioni di genere, e che non cada nel paternalismo o nel pinkwashing?

Ci sono alcuni principi che se rispettati possono rendere la comunicazione credibile e soprattutto efficace. La trasparenza è il primo fattore da considerare se si vuole rafforzare il rapporto con gli stakeholder. Ma è importante “tornare ai fondamentali”: raccontare solo l’essenziale con autenticità, semplicità, coerenza. In mondo dove si comuna troppo bisogna dire poche cose in modo chiaro e soprattutto il “dire” deve venire sempre dopo il “fare”. In tema di parità e inclusione le organizzazioni che stanno facendo un percorso serio devono raccontare a che punto sono: non si può pensare di fare tutto e subito: è più credibile l’impresa che ammette di non aver raggiunto l’obiettivo ma definisce tempi certi e scadenze. È poi fondamentale condividere con tutti i collaboratori la politica DE&I: persone più motivate e ingaggiate comprendono meglio il senso dell’agire dell’impresa.

Pensi che il pinkwashing sia sempre fatto in cattiva fede – per motivi di marketing – o che possano esserci casi in cui mancano degli strumenti di lettura della realtà per quella che davvero è, nella sua complessità?

La complessità del momento è evidente ed alcuni errori possono essere fatti in buona fede ma si tratta di casi rari. Purtroppo, in questi anni è cresciuto il numero di imprese che sono state accusate di pinkwashing. Ha fatto discutere, per esempio, il caso di Dior, quando ha messo in vendita una t-shirt e altri capi di abbigliamento con la scritta Tutti dovremmo essere femministi. L’accusa era che l’impresa non si era preoccupata del fatto che questi capi venivano prodotti in laboratori tessili in Asia dove le dipendenti lavoravano in condizioni di vero sfruttamento. Di un problema simile è stata accusata anche H&M che si era dichiarata a favore dell’empowerment femminile, dell’inclusione e del body positive ma non aveva verificato se i suoi fornitori sfruttavano le lavoratrici e lavoratori nei diversi paesi del mondo dove l’azienda ha numerose sedi produttive.

Un altro caso celebre è quello di Susan G. Komen criticata per aver accettato il sostegno economico della Baker Hughes, società di servizi petroliferi: l’accordo prevedeva che un migliaio di trivelle per l’estrazione di combustibili fossili fossero dipinte di rosa. La polemica riguardava il fatto che secondo la scienza l’industria estrattiva è responsabile della dispersione nell’aria di tossine che provocano anche il tumore al seno.  

Per non essere accusate di washing le organizzazioni devono realizzare azioni vere e misurabili: adottare un approccio inclusivo deve essere una pratica a tempo pieno e non può limitarsi alla realizzazione di una campagna una volta l’anno.

Quando parliamo di genere, come ITS che si occupa di energia, sostenibilità e ambiente, usiamo dire che, come le risorse ambientali, devono essere usate bene e non sprecate, allo stesso modo le risorse delle ragazze devono poter essere incanalate nel modo giusto, per poter essere valorizzate e diventare contributo attivo nella transizione ecologica e digitale. Quale messaggio rivolgeresti ad una ragazza che volesse intraprendere un percorso di formazione di questo tipo, spesso ritenuto “maschile”?

Penso sia importante per tutti, non solo per le ragazze, decidere in modo consapevole il proprio percorso formativo. Credo che il ruolo che possono giocare le donne sia fondamentale in questa fase di transizione e che giovani ragazze preparate possano fare davvero la differenza. Spero che le cose cambieranno anche grazie a nuove leggi e regolamenti che porteranno a innovare le strategie di parità di genere delle organizzazioni.

*Rossella Sobrero è presidente di Koinètica. Da molti anni si occupa di comunicazione sociale affiancando alla consulenza attività di docenza e di saggistica. Insegna comunicazione in diverse università. Ha scritto numerosi libri sulla sostenibilità: il più recente è Pericolo socialwashing. Comunicare l’impegno sociale tra opportunità e rischi.

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25 Novembre, 2024 - Beatrice Trentanove - Area Orientamento

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